lunedì 10 febbraio 2014

LE STORIE MARZIANE DI LEIGH BRACKETT

Titolo: Storie marziane

Autore: Leigh Brackett

Traduzione: Gianni Montanari

Genere: Fantascienza

Casa editrice: Mondadori

Anno: 2013

Burke Winters non è più lo stesso uomo. Da quando ha perso la sua Jill fra le sabbie di Marte ogni cosa sembra aver perso valore: il lavoro di pilota spaziale di linea, gli amici. Gli rimane Marte e la misteriosa disciplina dello Shanga, l'antico rituale del ritorno alle origini (da 1998: Il giardino degli orrori)... Jon Ross non ha mai visto una scena del genere, nemmeno a Barrakesh dove tutte le carovane dirette verso il basso deserto si incontrano. Lo straniero è molto alto, si muove con poderosa grazia. La donna marziana gli si è avvicinata appena lui è entrato. Ma perché di colpo se ne allontana? E come mai tutti i presenti ostentano completa indifferenza nei suoi confronti? Non ha mai visto un marziano di quella razza, potrebbe essere una nuova scoperta etnologica per l'Università che finanzia la missione di Ross (da 2016: Bisha)... Carey è braccato, eppure non può farne a meno di passeggiare per le vie pietrose di Jekkara. Il vento marziano leviga ormai da secoli le antiche pietre delle abitazioni di Shandakor, restituisce ombre e suoni di fantomatici inseguitori. Se solo il Consiglio dei Pianeti Uniti sapesse dove si trova, rivolterebbe una ad una quelle vecchie pietre calcinate dalla sabbia rossa(da 2024: Gli ultimi giorni di Shandakor)... 


"Urania" continua a riproporre ristampe di edizioni passate. Stavolta tocca a Storie marziane di Leigh Brackett, già apparso nel 1970 in edizione La Tribuna (Galassia 132) e qui ristampato parola per parola. Sono qui compresi romanzi brevi apparsi in vari magazines fra il 1948 e il 1963, relativi ad un periodo fra i più creativi della Brakett e nell'ottima traduzione di Montanari. Vari romanzi, unico comun denominatore: Marte. Davvero il pianeta rosso è il protagonista indiscusso di tutte le storie, l'elemento senza il quale il "plot" non avrebbe senso. Non si tratta di un semplice sfondo paesaggistico, dell'esaltazione del gusto esotico estremo. Marte è vivo e vegeto, influisce attivamente nelle azioni dei personaggi. Li plasma, li trasforma psicologicamente certo ma anche fisicamente. I terrestri venuti per colonizzare e terraformare si ritrovano puntualmente colonizzati dall'antichissimo spirito aleggiante fra le sabbie rosse e i canali ormai privi d'acqua. Certo è un Marte ormai passato, lontano dalla realtà restituitaci dai rover della N.A.S.A. Mantiene, tuttavia, intatto il suo fascino letterario. Con un linguaggio ricco ma semplice, elegante ma a tratti quasi brutale, Leigh Brakett ci riporta alla preistoria. I suoi protagonisti, tipiche figure "á la" Indiana Jones (perfetti avventurieri americani perfino nel nome) si contrappongono all'antico mistero di Marte e ne rimangono vittime. È uno scontro di civiltà, più che incontro. La civiltà terrestre (che qui coincide perfettamente con quella americana), troppo giovane e legata alla tecnologia, non è in grado di comprendere la complessità marziana. Tende a distruggerla, seppellirla sotto le esigenze commerciali e la logica dello sfruttamento economico. Tuttavia, al contatto con le antiche tradizioni marziane, sono proprio i terrestri a perdere la loro posticcia identità. Persa la superficiale patina di civiltà, cosa rimane ai terrestri se non l'istinto dell'essere primitivo? Attenzione dunque. Mai entrare in contatto diretto con il morente pianeta rosso, mai lasciarsi coinvolgere ad esplorare più da vicino gli occhi color topazio di un marziano, viaggiare verso le antiche città stato dei canali bassi. Troppo facilmente un terrestre perderebbe se stesso. Perfino la tecnologia arretra e lascia il posto agli istinti più reconditi: riaffiora il caos. 

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