Nato a Providence ma non certo definibile "solitario", Paul Di Filippo è sicuramente uno dei più importanti scrittori di fantascienza in attività. Particolarmente produttivo nella narrativa breve, racconti e romanzi brevi, in cui ha toccato molteplici sottogeneri (dal cyberpunk allo stempunk), vanta una produzione di tutto rispetto. Spirito naturalmente eclettico, si dedica anche alla creazione di fumetti e soprattutto all'attività di critico letterario. Sue recensioni, infatti, sono apparse un po' su tutte le più autorevoli riviste del settore. Ciò che, tuttavia, mi ha colpito della sua personalità è la grande disponibilità e notevole amabilità come persona. Si è raccontato in questa intervista senza risparmiarsi e svelando anche qualche interessante chicca sul suo futuro e su cosa noi lettori vedremo presto. Godetevi, dunque, Paul.
Com'è cominciato il tuo rapporto con la fantascienza? Qual'è stata la tua prima lettura di fantascienza?
Com'è cominciato il tuo rapporto con la fantascienza? Qual'è stata la tua prima lettura di fantascienza?
Amando i libri come quelli del Dr. Seuss (NDR.: Theodor Seuss Geisel, scrittore e fumettista statunitense, meglio conosciuto con lo pseudonimo Dr. Seuss) che potevo interpretare per conto mio, ero un lettore impegnato già in età molto precoce. Poi, all'età di cinque anni, ho scoperto i fumetti. Vi dirò che il mio primo vero FS era Mighty Mouse in Space - ndr: personaggio noto in Italia come Supertopo o Supermouse. (Ho recentemente acquistato una copia usata dopo decenni che non ne leggevo uno, e rivissuto la gioia.) I supereroi mi hanno occupato per altri cinque anni, insieme a cose come Tom Swift e The Hardy Boys (NDR.: serie di romanzetti avventurosi per ragazzi, inediti in Italia) fino a quando ho incontrato un librettino di Raymond Jones nella biblioteca della mia scuola elementare, The Year when Stardust fell (NDR.: romanzo di Jones inedito in Italia). Dopo di che, il passo verso gli juvenile di Heinlein e Norton, e tutto il resto della truppa, fu breve. Solo pochi anni dopo, leggevo Philip K. Dick, Ballard, Aldiss e altri luminari.
Sei di Providence come un certo H. P. Lovecraft. Ti senti in qualche modo spiritualmente legato a lui?
Assolutamente! Non solo amo la sua narrativa, ma ho "grokkato" (NDR.: ovviamente in senso heinleiniano) completamente il suo patrimonio e mentalità, senza avallare del tutto le sue stranezze e manie. Camminando per le stesse strade dove lui camminava mi ha imbevuto del suo spirito. Porto sempre i visitatori alla sua tomba e anche ad altri luoghi celebri, per diffondere la sua fama il più lontano possibile. La recente ricorrenza di "NecronomiCon" a Providence nel 2013 è stata una massiccia affermazione della sua eredità (NDR.: è stato fra il 22 e il 25 agosto 2013) .
Secondo te cosa dovrebbe contenere una storia fs ben scritta?
Tendo a portare avanti una miscela di scienza/tecnologia e problematiche di cuore e mente umana, già definita da Theodore Sturgeon e Damon Knight. Una rappresentazione dello spirito umano, dei suoi travagli e gioie, priva di un ruolo dominante per le estrapolazioni produce solo narrativa mimetica. Deve essere presente, sia nell'autore che nella storia, una mentalità tale per cui la ricerca della conoscenza dell'universo, e il modo in cui il genere umano adatta le nuove conoscenze alla cultura attuale, diventa di importanza fondamentale, o quantomeno della stessa importanza, rispetto alla vita emotiva dei personaggi.
Tornando alle tue origini, c'è qualcosa di italiano nelle tue storie? Cosa?
Il mio retaggio italiano è alquanto diluito. Da parte di mio padre, i suoi genitori erano immigrati. Da parte di mia madre, i suoi nonni. La lingua si è perdura fin dalla mia nascita. Le abitudini alimentari , naturalmente, sono sopravvissute. Ma negli ultimi anni sono stato molto fortunato: relazionandomi a un pubblico di lettori italiani, ho fatto due viaggi nella mia terra d'origine. L'ultimo dei quali, a Matera, ha ispirato la storia più italiano-centrica che abbia mai scritto, Chasing the Queen of Sassi, che presto sarà un ebook.
Come nasce un tuo racconto (o romanzo)? Da una pagina bianca? Da un'idea forte?
Tre volte su quattro, parto da un'idea o un tema. Le altre volte, è un personaggio che suscita il desiderio di essere scritto. Questo potrebbe essere un individuo totalmente immaginato, o qualche figura storica che mi chiama. Spesso trovo che una singola idea non basta per una storia abbastanza profonda e ricca, e che occorra fondere due o tre idee, anche se apparentemente non correlate, perché risulti al pubblico un'esperienza di lettura più ricca.
Il tuo ultimo lavoro, "The Via Panisperna Boys in 'Operation Harmony'", l'hai scritto insieme a Claudio Chillemi. Come è iniziato questo progetto?
Devo questa storia all'esuberanza e al talento di Claudio. Dopo il nostro incontro alla Italcon nel 2012, siamo diventati amici e lui ha avuto l'idea di collaborare. Ha dato il via alla storia con un grande inizio, vi ho aggiunto le mie intuizioni e quelle che speravo fossero belle rifiniture. Claudio è una dinamo di energia, e sono stato fortunato ad avere lui come partner.
Perché Ettore Majorana?
Perché Majorana, questa era l'idea di Claudio, è una figura di mistero, come Amelia Earhart o Ambrose Bierce. Anche se ad essere onesti, mi ero già concentrato su di lui in precedenza, in modo lieve, su uno dei miei pezzi umoristici.
Sveliamo qualche retroscena, dai: è stato difficile lavorare con uno scrittore non americano? Come avete organizzato la collaborazione?
Internet rende semplice collaborare: basta un semplice scambio di file e messaggi di posta elettronica. L'inglese scritto di Claudio è molto buono, ma ho dovuto lavorare per appianare alcune idiosincrasie. Avevamo anche Skype per aiutarci con il brainstorming!
Avete avuto qualche divergenza durante lo sviluppo della trama?
Neanche la più piccola obiezione, da entrambe le parti! Tranne forse che il titolo di Claudio era diverso da quello finale. Ritenevo che il suo originale non fosse perfetto e ci ho armeggiato per introdurre qualche modifica.
Ti piacerebbe ripetere l'esperienza?
Ormai ho collaborato con un bel po' di persone: Rudy Rucker, Bruce Sterling, Marc Laidlaw, Michael Bishop, Don Webb e Claudio. Ogni esperienza è stata diversa e grande, così naturalmente non vedo l'ora di portare avanti altri progetti.
Sei anche un critico letterario, oltre che uno scrittore. Quanto è importante essere uno scrittore professionista per scrivere buone recensioni? D'altra parte, essere un critico letterario ha fatto di te uno scrittore migliore?
Il mio amico George Zebrowski crede, come me, che la figura dello scrittore-critico sia uno strumento molto valido ed efficace, nonché molto utile, per lo sviluppo del settore. Si può essere ottimi critici senza essere ancor prima scrittori, come John Clute o Paul Kincaid. Ma non si potrà mai capire un romanzo dall' "inside out" allo stesso modo in cui solo uno scrittore può fare. Di conseguenza, solo una siffatta figura è in grado di offrire numerosi spunti su come costruire libri di fantascienza migliori.
Cosa puoi dirci sui tuoi futuri progetti? Continuerai il ciclo del "mondo lineare"?
Mi piacerebbe molto a concludere la serie della "Città lineare" con un terzo libro finale, ma sto ancora riflettendo su come trovare il dramma e le rivelazioni appropriate per chiudere la serie di questo mondo misterioso. Però sarebbe bello farlo e poi raccogliere tutti e tre i romanzi in un unico volume. Ho un romanzo che sta progredendo lentamente, intitolato Up Around the Band. E' quello che io chiamo una "odissea erotico-psichedelica spostandosi nel tempo".
Verrai in Italia entro la fine del 2014? Puoi dare un appuntamento ai tuoi lettori italiani?
Ahimè, niente di definito al momento. Mi piacerebbe rivisitare Matera e vedere di più della Basilicata. Quanta storia e bellezza! Ma, naturalmente, potrei dire lo stesso di qualsiasi regione della meravigliosa allettante Italia!
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