mercoledì 1 giugno 2016

BONSAI FLASH STORIES #2


DESTINAZIONE RAGGIUNTA
di Fabio F. Centamore




Perso. Per l'ennesima volta.
Ormai posso affermarlo senza ombra di dubbio dopo la millesima curva a gomito. Eppure, la macchina accosta trionfale, come se mi avesse portato a destinazione. 

Non mi rimane che scendere e lasciarmi subito artigliare da un sole infernale. Un lieve refolo d'aria mi investe la pelle, è più calda dell'acciaio fuso. Intorno a me nient'altro che piccoli sassi piatti, cumuli di arida sabbia rossa e qualche casupola polverosa. Ogni cosa sembra come buttata a caso, candidi dadi sparsi sulla sabbia. Ma dove saranno i nuovi cantieri di Carson Village?
“Sei uno schifoso barattolo!” Urlo al comunicatore di bordo che se ne sta bello comodo sopra il cruscotto. Quello non fa una sol apiega e la cosa mi fa imbestialire di brutto. “L'hai fatto di nuovo, mi hai mandato a sperdere. Ma, parola mia, è l'ultima volta. Domani ti rottamo. Mi senti? Ti rottamo e mi compro una bella macchina nuova, stronzo!”

Vorrei smontarlo subito quel rottame. Mi lascio sfuggire un lungo sospiro e conto fino a dieci, finalmente poggio la mano sul joystick.
“Ora guido io,” gli dico a denti stretti, “dammi il controllo, muoviti!”

La retro camera mi mostra subito la mia brutta faccia: sopracciglia spesse, contorte dalla rabbia, occhi castani, barba appena accennata sul classico faccione da bravo ragazzo. Eccomi qui, gente! Ulisse Geronimo Commesso, Aurora City, Hellas Planitia, emisfero nord di Marte. Semplice e ordinario, per quanto incazzato, agente immobiliare con tanto di licenza governativa. Decido di tornare sotto il sole e mi guardo intorno di nuovo. La casetta più vicina è solo a un centinaio di metri, la maglietta incollata alla schiena sembra proprio una seconda pelle ormai. Nessuno. La casa è in vecchio stile coloniale terrestre, suono l'arcaico campanello più e più volte. Il caldo schifoso non molla, si taglia con il coltello. Colpa del Dipartimento Clima, i loro fottuti specchi orbitali vengono azionati ad ogni minima segnalazione. Qualsiasi idiota, oramai, può alterare la temperatura marziana come gli pare, se ha gli agganci giusti al Dipartimento. Ecco perché il sole non ne vuol sapere di smettere, continua a conficcarmi spilli roventi dritto fra le mie scapole sudate.

Non si muove una foglia. Non c'è un'anima qui attorno, non ho altra scelta che mettermi alla guida. Consultare una mappa non è mai stato il mio forte, non ci capisco niente di quella robaccia topografica. Rimettere il bidone alla guida? Manco morto! Meglio tornare indietro fino all'ultimo centro abitato e chiedere lì informazioni su Carson Village.

Paesaggi piatti, qualche antico cratere da impatto. Accidenti, sono cresciuti un sacco di cespugli intricati e alberi secchi e nodosi negli ultimi tempi. Niente che contribuisca a migliorare il paesaggio, comunque. Soprattutto non si vede l'ombra di un segnale stradale, nemmeno il più piccolo incrocio. Vedo solo un cielo fin troppo terso, una grossa formazione rocciosa e le curve, ecco che la strada rugginosa ricomincia a curvare.
“Che ti è preso, secchio di ruggine?” Chiedo al comunicatore continuando a fissare la strada. “Sei troppo vecchio? Magari anche un po' bacato, magari non ce la fai più... Fanculo! Domani finisci rottamato, te lo giuro.”

All'improvviso il cruscotto si illumina, proprio mentre la strada comincia brusca a salire. Il comunicatore comincia a sibilare, rauco come una vecchia caffettiera.
“Ma che...”
“Destinazione selezionata,” sentenzia il barattolo tutto tronfio. “Calcolo rotta in corso.”
“Che ti prende adesso, stupido cassonetto?”

La strada. La vedo scattare in avanti senza il minimo preavviso, tiro il joystick e faccio curvare la macchina. La velocità sale all'improvviso, il motore urla. Anche i pneumatici urlano sul tracciato di sabbia, sento il collo che si irrigidisce e diviene un blocco unico con le spalle. Rallento immediatamente, invece il motore non smette di aumentare i giri. 
“Rotta calcolata,” gracchia il maledetto bidone. “Portarsi alla velocità di cento miglia orarie.”
“No!”

Niente da fare, il motore sale ancora di giri e ruggisce; mi appendo al freno d'emergenza. La vedo invece farsi sempre più vicina, la curva quasi mi balza addosso. Tiro il joystick con tutte le mie forze, come se potesse fare la differenza. Ottengo solo di far fischiare i pneumatici sempre più forte, non distinguo più il sibilo cupo dalle mie urla. La strada piatta si trasforma nel più orrido dei precipizi, le ruote anteriori cominciano a sfiorarne il bordo. Il corno spacca timpani dell'allarme di prossimità suona, esplode nell'abitacolo. Dritto di fronte a me, il treno mi viene addosso sferragliando sulle sue mille ruote. Il tracciato di sabbia è troppo stretto, ma non riesco a rallentare. Mi si gela il sangue, braccia, collo e testa si saldano in un blocco unico. L'enorme paraurti del treno mi urta quasi, si limita a scrostare la vernice esterna della fiancata. L'assordante corno d'allarme si affievolisce, infine cessa di spaccarmi i timpani. 
“Situazione del traffico: ottimale,” sentenzia il barattolo. “Ora, curvare immediatamente a destra.”

La leva del joystick mi scappa di mano all'istante, si piega verso destra. 

BOOM! 

Il primo sensore di viabilità vola dal bordo del tracciato come scagliato via su un missile.

BOOM! BOOM!

Lo segue subito il secondo e poi anche il terzo. Continuo ad azionare il freno, mi butto a corpo morto sulla leva del joystick. Solo una battaglia persa in partenza. Inesorabile, il veicolo esce fuori dal tracciato e si getta sulla nuda roccia. Uno strappo improvviso e il joystick mi sfugge di mano, si porta via qualche pezzo di pelle dalla mano destra. Il cruscotto lampeggia impazzito, continua a gracchiare come un disco rotto.
“Curva a destra... Curva a destra... Curva a destra...”

Silenzio. Improvviso e inatteso silenzio di tomba. Non più sabbia e rocce sotto di me, ma un cielo terso, angusto e immobile; solo un piccolo orizzonte che, con placida fermezza, inizia a crollarmi addosso. La palla rovente del sole mi ferisce l'occhio per un solo attimo sfuggente, dopo cielo e terra si capovolgono ancora. Vedo il tracciato scuro sotto di me, sperdute casupole dalla banale forma a dado. E la sabbia rossa diventa scura come notte. L'esplosione è assordante e prolungata, l'eco corre lontano lontano. 
”Destinazione raggiunta... raggiunta... raggiunta...”

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Buona lettura!

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